Rifacciamoci un po’ gli occhi.
Femminilità da sirena per Atelier Versace, le star da red carpet non si lasceranno certo sfuggire questa collezione che sembra pensata proprio per calcare il tappeto rosso. Bustini molto decorati e strutturati con gonne svolazzanti con effetto lucido che smorza un po’ la leggerezza dell’insieme. Ispirazione: i tarocchi. Risultato: niente di iper innovativo.
Dalla moda tutta colore e sensualità di Versace passiamo agli antipodi: la sobrietà di Chanel. Karl Lagerfeld si esibisce in un virtuosismo di sartorialità in cui il gusto classico viene reinterpretato prendendo le forme di quello che è stato definito “new vintage”. Un esempio? Il finto tweet creato con ricami e decori frutto di ore e ore di lavorazione a mano.
Devo ammetterlo ho un debole per Elie Saab. Per me è sinonimo di eleganza e sicuro successo nelle occasioni ufficiali (mica per me ovvio, parlo di occasioni che noi comuni mortali ci sogniamo!). Ricercatezza nel dettaglio e femminilità non ostentata. Una conferma e nessuna grande novità, bene così, nella vita ci vogliono certezze!
Giambattista Valli sperimenta la volumetria e la spazialità della moda con effetti scultura. Rouches, volant, ampiezze che sfidano le proporzioni per un effetto finale di ricchezza e opulenza. Alta moda vuol dire anche fregarsene delle mezze misure.
Giorgio Armani Privè gioca ancora una volta col dualismo maschile/femminile accostando femminilità e tagli maschili. Il risultato è un giusto mix di eleganza e sobrietà esaltato dalla sapienza della tradizione sartoriale e della scelta dei materiali. Stupenda la palette di colori che termina in un tripudio di blu.
Riccardo Tisci per Givenchy sperimenta un nuovo modo statico di presentare l’alta moda, proponendo pochi modelli in modo da concentrare tutta l’attenzione sui singoli pezzi. L’ispirazione è il mondo gitano e e quello orientale, alla ricerca ancora una volta di uno stile tribale, quasi primordiale.